domenica 28 ottobre 2007

L’anomalia oggi non sono il Pd e Forza Italia ma tutti gli altri partiti

da "Il Foglio" del 27 ottobre 2007

Per Rusconi in Italia manca il carisma delle istituzioni. Per Gualtieri, partito senza tessere uguale partito senza voti

Roma. Oggi si riunisce per la prima volta l’assemblea costituente del Partito democratico. Una nuova forza politica dal nome americano e dalla gestazione un po’ sudamericana, con 2.800 costituenti eletti su liste bloccate e qualche confusione nel calcolo dei voti e nell’assegnazione dei seggi (più che comprensibile, peraltro, vista la mole dell’assemblea e la complessità del sistema elettorale). Del resto, un po’ americano e un po’ sudamericano è anche l’altro grande protagonista del nostro sistema politico: Forza Italia. La novità e l’anomalia della situazione salta agli occhi. In tutta Europa i due principali partiti si chiamano socialisti e popolari (o laburisti e conservatori). “L’anomalia non sta nel Partito democratico, né in Forza Italia, ma nel permanere di tutti gli altri, e nel proliferare dei micropartiti personali”, dice lo storico Gian Enrico Rusconi. “Se il Partito democratico sarà veramente un partito, e se sarà anche veramente democratico – dice Roberto Gualtieri, che oltre a essere uno storico è anche membro della costituente del Pd – allora vuol dire che in Europa ci stiamo tornando, non che ce ne stiamo allontanando”. Novità o anomalia del sistema politico italiano, la nascita del Partito democratico dovrebbe aprire una “nuova stagione”, secondo il felice slogan veltroniano, che è anche una delle poche cose su cui nel Pd sono tutti d’accordo. Ma aprire una nuova stagione, se le parole hanno un senso, comporta chiuderne un’altra, e su questo a essere d’accordo sono molti di meno. Soprattutto, a quanto pare, su quale sia la stagione da chiudere: quella del bipolarismo rissoso e delle coalizioni eterogenee (come ha detto Walter Veltroni parlando di “partito a vocazione maggioritaria”) o invece, ancora, la vecchia stagione dei partiti, con le loro correnti, le loro dinamiche, i loro pacchetti di tessere? La proposta del Foglio di un “partito senza tessere” ha raccolto molti autorevoli consensi, da Francesco Rutelli a Dario Franceschini, e lo stesso Veltroni si è detto molto interessato. Ma subito sono arrivati i distinguo, e anche il netto rifiuto di chi, come Pierluigi Bersani, non vuole “un partito liquido”. Probabile, dunque, che i costituenti si orientino sulla solita via di mezzo. “Il partito facciamolo moderno finché si vuole, ma purché sia tutti i giorni in tutti i luoghi – ha detto per esempio Bersani a Otto e Mezzo – altrimenti chi è che decide, il leader da solo?”. Non basta l’investitura del leader Un giudizio simile viene da Gualtieri, convinto che la costituente non potrà ridursi “all’investitura plebiscitaria di un leader, che poi magari dovrebbe ‘fuggire col malloppo’, assumendo il controllo totalitario del Pd e costruendo un partito senza aderenti, senza correnti, senza niente”. Ipotesi che non può affascinare il neosegretario, sostiene Gualtieri, perché condurrebbe a “un partito non solo senza tessere, ma soprattutto senza voti, destinato a durare ben poco”. Il problema, osserva Rusconi, sta nell’impropria “identificazione di americanismo e veltronismo, che sono due cose diverse”. Il veltronismo sarebbe una sorta di aspirazione “letteraria” al modello americano, ma “senza le basi istituzionali, politiche e culturali di quel modello”. Personalizzazione e approssimazione. Colpa, s’intende, più dell’informazione che di Veltroni. “Negli altri paesi, a partire dall’America – spiega Rusconi – c’è qualcosa che potremmo chiamare ‘carisma delle istituzioni’, per cui il presidente degli Stati Uniti è sempre il presidente, chiunque egli sia. E questo è un grande fattore di stabilità. In Italia, invece, il carisma è solo personale. Tentiamo di dare quest’aura almeno al Quirinale, ma con qualche fatica”. Anche questo, probabilmente, è alla base dell’anomalia italiana. “In tutti o quasi tutti i paesi europei la fine della Guerra fredda ha costretto i sistemi politici a rimodellarsi. Ma è come se in Italia ci fosse una particolare refrattarietà, che rende questo processo sempre incompiuto”. La ragione dell’anomalia italiana è semplice, dice Gualtieri, ed è che in Italia “tutti i grandi partiti sono crollati tra il 1991 e il 1993”. Dopodiché, condizione per uscire dal limbo di questi anni è “un sistema come quello tedesco, fatto di pochi grandi partiti chiamati a confrontarsi in una competizione virtuosa sulla soluzione dei problemi, e non a contrapporsi su schemi ideologici, in un bipolarismo rissoso e confuso perché definito solo per opposizione, in un’eterna e stucchevole guerricciola tra anticomunisti e antiberlusconiani”.

1 commento:

La Zecca ha detto...

Grazie per la visita e il post.Se desideri che il tuo blog venga reso più visibile, sarei disposto ad inserirlo tra quelli da me consigliati.Spero che eventualmente farai lo stesso x il mio.Se ciò ti interessa fammi sapere.Saluti